Pubblicato da: iprovinciali |

Manifesti elettorali

Col suo faccino delicato e il sorriso furbetto ha bruciato tutti sul tempo. Non aveva bisogno di investiture dall’alto per sapere che sarebbe stato candidato. Verde e giallo il suo manifesto è già su tutte le cantonate. Un bel vedere tra i sacchetti di munnezza, che ormai raggiungono anche il metro e mezzo d’altezza. E se è vero che i quadri si appendono di modo che siano ad altezza dello sguardo, il giovanotto si è affidato anche ad attacchini esperti. Che poi cosa importa se lui si candida per i Verdi e i suoi manifesti imbrattano anche dove non dovrebbero, dove non c’è tassa per i diritti di affissione. Così fan tutte… tutte! ma non preoccupatevi delle celebrazioni mozartiane, badate piuttosto a scorrere le pagine di gugol fino alla voce Tinto Brass, perché ci sta. L’ho detto: faccino delicato e sorrisetto malizioso.
Ci vorrebbe Natale. Natale era lo scemo del villaggio, ma aveva la sua funzione in paese. Disabile ma quando mai! c’era il vicoletto, quello stretto in salita, o in discesa, lastricato di sampietrini, con le case una addosso all’altra e poi l’uscita sul corso dello struscio. Da un lato e dall’altro i manifesti, quelli del cinema di terza visione, delle offerte del supermercato, dei morti. Uno addosso all’altro, come le case. E se non ci fosse stato Natale, nel vicoletto non ci si poteva passare. Certosino, meticoloso, attento e puntuale, lasciava correre per una settimana e poi lì a spiccicare i manifesti.
Che bello quando si staccava un pezzo grosso. Poi era solo lavoro di rifinitura. S’incazzava a morte quando i ragazzini in coro intonavano il suo fischio. Ora non so come renderlo a parole, ma era un fischio doppio, prima un grave e poi un acuto. Due sillabe per dire, in  do maggiore e in sì bemolle  "Cooor-nù!".
Certo che Natale s’incazzava. E correva dietro ai ragazzini urlando che non era cornuto, ché la moglie non ce l’aveva. Poi tornava al suo lavoro, a scollare manifesti. Un giorno chiese al sindaco lo stipendio, perché don Alfrè il farmacista, per consolarlo dai ragazzini, gli aveva detto che era un personaggio importante per la comunità. E con lo stipendio si sarebbe fatto anche la moglie. La posizione già ce l’aveva. Il sindaco rispose: "Mo’ vediamo". Ed ebbe la pensione. Mica come Raffele o’ sfaticato, quello che stava seduto sempre davanti al bar, di pomeriggio. Quello che, quando si diceva che lavorare stanca, rispondeva filosofo: "E non so’ meglio io che non ho mai lavorato e c’ho la pensione?!". Lo disse anche a Natale, ma Natale ha sempre scollato manifesti. Ci vorrebbe uno come Natale: il faccino delicato e il sorrisetto malizioso non durerebbero più di una settimana. Invece tocca sperare che i sacchetti di munnezza crescano sopra al metro e mezzo.


Risposte

  1. e dài, dài, almeno lui è bello, giovane, arrapante! 🙂 come deputato chissà, non lo so e non mi interessa, ma al liceo era un bel tocco di figliolo! ah, memorabile quella sua uscita telefonica! io (14 anni, matricola): “ma ora giochi in prima squadra?”, lui (18, ultimo anno): “è la prima squadra che gioca con me!”…ahhhhhh, che figo! scrivevo il suo nome sui muri coi cuoricini all’epoca…bei tempi!

    cri

  2. nonsense:

    però natale è la prima festa!

    maynardo

  3. come dire…solo la munnezza può battere la munnezza…

  4. mi associo all’ultimo commento.


Lascia un commento

Categorie